Arrivederci Fratel Pio, “gigante buono”

Il saluto corale della famiglia lasalliana a Fratel Pio Rocca, deceduto il 19 luglio, ha avuto luogo questa mattina al Colle La Salle. Nel ricordo del Visitatore della Provincia Italia, Fratel Gabriele Di Giovanni gli ultimi nove mesi di malattia, un suo profilo, la sua vocazione da Fratello ed eredità.

“Le più sentite condoglianze ai Familiari: il fratello Vittorio a cui era molto legato, alla moglie signora Graziella, ai nipoti Emma e Alessandro che in questo periodo gli sono stati molto vicini e al piccolo Lorenzo.
Alla comunità del Centro che perde in poco tempo un altro dei suoi membri…
Alla Provincia Italia resa ancora più smarrita da questa prematura scomparsa: cosa ci sta chiedendo il Signore in questo tempo?

Innumerevoli i messaggi di cordoglio che mi sono giunti ad iniziare dal Superiore Generale e da tutti i Visitatori europei, da sua Eccellenza Fisichella, dai tantissimi che ne hanno conosciuto ed apprezzato le doti.

Il Signore accompagni Fr. Pio in questo suo ultimo viaggio.

Un calvario di 261 giorni

Il primo novembre del 2020 Fr. Pio, un po’ controvoglia, veniva sollecitato dalla comunità del Centro per un controllo. Aveva un persistente dolore al braccio sinistro comparso da qualche giorno e che lui sembrava sottovalutare. Come dargli torto? Non era praticamente mai stato male e probabilmente non aveva contezza dei sintomi, eterno ragazzo, come dava l’impressione di percepirsi. Questo ritardo purtroppo, e con il senno di poi, è stato decisivo per quanto è successivamente accaduto. Portato da Fr. Bernardino al Pronto Soccorso del Gemelli, è stato subito ricoverato ed operato, ma la sua situazione è apparsa fin dall’inizio molto grave: il cuore di Fr. Pio aveva subito un gravissimo danno coronarico che si è cercato di compensare in qualche modo, senza in realtà riuscirci.

Operato, ci si è messo il Covid, comparso quasi subito, con le chiusure e le quarantene di cui tutti siamo consapevoli che ha praticamente ridotto ai soli messaggi e alle videochiamate il possibile contatto con il paziente. È stato un lungo periodo che ha affrontato con coraggio, nascondendo la pena che gli dava la situazione di abbandono che stava vivendo, da cui è uscito devastato. Fr. Pio viveva, si nutriva, di relazioni…

Da allora la situazione si è protratta fino ad oggi (quasi nove mesi, 261 giorni) tra alti e bassi, uscite dall’ospedale, degenze al Colle La Salle e nuovi ricoveri, un successivo intervento che non ha dato i risultati sperati, sino al progressivo spegnersi di questi ultimi giorni. Un grazie alla Sacra Famiglia del Colle per l’accoglienza e alle suore di san Carlo che lo hanno assistito come ad un fratello nella carne.

261 giorni che sono stati un calvario per lui e la percezione concreta dell’impotenza per tutti noi, sovente impossibilitati a raggiungerlo, mentre lo abbiamo visto spegnersi progressivamente, anche se fino all’ultimo ha conservato uno spirito leggero, pieno di speranza: ancora pochi giorni fa mi parlava di cosa potevamo fare fra due anni, quando finalmente sarebbe sceso dal letto. Finché ha potuto è stato presente nella vita provinciale (ad esempio ha tenuto i suoi incontri programmati sulla Dichiarazione), segnale di un attaccamento alla sua vita di Fratello, caratteristica che lo ha contraddistinto tutta la vita.

Un uomo di relazione

È stato mio insegnante in due riprese, all’Aspirantato di Albano e allo Scolasticato, ci ho giocato insieme… ed in ultimo ha accettato la carica di Ausiliare con grande senso di responsabilità e spirito di umiltà. E di questo non posso che ringraziarlo.

Oggi vogliamo celebrarne la vita che, donata al Signore senza riserve, ha trascorso accompagnandoci.

Pio. Se si risentiva non lo dava a vedere. Mi stupiva come riusciva a mandare giù bocconi amari con una leggerezza che non ho, appoggiandosi alla lezione pirandelliana che tutti alla fine ci mettiamo una maschera e che dunque non serve prendersela più di tanto.

Uomo di relazione soffriva piuttosto il venire meno di queste: i rapporti intessuti lo inorgoglivano e qualche volta lo deludevano. Quando lo scorso anno cominciò, giocando, a frequentare Facebook se ne fece quasi travolgere…

Fr. Pio era, con il sorriso costante, “disponibile” sempre e comunque. Forse, per alcuni di noi, anche troppo disponibile. Il suo “sì”, alla vita, alle cose, alle persone, era incondizionato, una lastra fotografica, anche quando risultava difficilmente componibile. Una disponibilità che lo rendeva affabile con tutti ed obbediente, anche di fronte ad incarichi antipatici che si è trovato a svolgere.

Diciamo che non era l’uomo dello scontro, anzi era l’uomo che lavorava a smussare gli angoli, ad abbassare i toni, a sgonfiare le situazioni… come la sua grafia tonda e raffinata. Questo lavoro però lo logorava dentro, emotivo come era, soprattutto di fronte a certi spigoli che incrociava.

Se una debolezza vogliamo trovargliela forse sta in una sua particolare e momentanea voglia birichina di trasgressione delle regole, siano state esse stradali o istituzionali. Ogni tanto giocava a rischiare, lui sempre ligio a tutto.

Dal punto di vista professionale è stato un grande educatore e un grande insegnante: attento a tutti e a ciascuno, sollecito, incoraggiante ed anche severo all’occorrenza. Ha lasciato un ottimo ricordo ai “suoi” ex alunni con molti dei quali ha mantenuto contatti: molti lo ricordano, perché lui li ricordava.

Fratello

Pio nasce a Pisoniano (Tivoli, vicino Roma, come diceva lui), l’11 giugno del 1946 (è morto perciò a 75 anni compiuti) all’indomani della guerra, da papà Angelo, e da mamma Emma Bernardini, verso la quale ha sempre mantenuto una venerazione filiale. Da piccolo, e lo diceva con orgoglio, faceva il capochirichetto, un ruolo che forse, mutatis mutandis, è riconoscibile in vari momenti o atteggiamenti della sua vita e che resta attaccato al nome, Pio.

Entra all’Aspirantato di Albano nell’ottobre del 1957 e prosegue poi al noviziato di Torre del Greco dove emette i primi voti nel 1963. Quindi maturità magistrale al Colle La Salle nel 1965 ed invio a Pompei, dove resta neanche un mese per raggiungere l’Aspirantato di Torre del Greco nel 1966.

Da giovane Fratello è stato impegnato in casa di formazione. Dodici anni tra Albano, Colle, Torre del Greco durante i quali studia, si laurea con una tesi sulla amatissima Santa Caterina (1975) diventa giovanissimo Direttore (a 29 anni). Una piccola parentesi allo studentato universitario tra il 69 e il 70 interrotta bruscamente, cosa che ricordava con un certo disappunto per lui che amava studiare, ma che gli consente di conseguire il baccalaureato in teologia nel 1970.

Formato dagli anni di Aspirantato e dagli studi, nel 1977 viene inviato al Sant’Arcangelo di Fano con l’ipotesi iniziale di rilanciare il Collegio. Missione impossibile e non se ne farà nulla, così nel 1978 lo troviamo una prima volta al Collegio san Giuseppe di Roma come responsabile della scuola media per quattro anni. Inizia da qui il suo percorso da Direttore, (grande Direttore come celiava) ruolo che ha ricoperto in vari luoghi dal 1982, quando viene nominato direttore all’aspirantato del Colle e quindi della Scuola fino al 1990.

Poi il Pio IX, poi Catania al Leonardo da Vinci, poi breve parentesi come Ausiliare, poi al CSG di Roma, poi a Villa Flaminia, per tornare infine a svolgere il ruolo di Ausiliare, che inevitabilmente lo colloca ad un livello diverso. Sono anni intensi, pieni delle 25 cose da fare scritte minuziosamente in agenda, di cui si lamenta con una punta di orgoglio: in realtà non si è mai sottratto a nulla, mai accampando scuse di circostanza.

Da Direttore per lunghissimi anni, ça va sans dire, non perde le sue caratteristiche di persona affabile, attenta alle persone, coltivatore di amicizie durature. Con Pio si lavora bene: sa dire la parola giusta, incoraggia, sostiene, è presente; saluta tutti, piccoli e grandi, con tutti scambia una battuta. Si spende e si fa spendere senza riserve o preconcetti. C’è, magari senza farlo vedere.

È stato il suo modo bello di interpretare la vita di Fratello, di leggere il Vangelo, sostenuto da una profonda sensibilità religiosa non fatta tanto di intelletto, quanto di sentimento, anche qui di disponibilità a tutto tondo, sempre mitigata dal rispetto del quadro formale.

Visitandone la salma composta, il rosario tra le mani massacrate dalle flebo, il volto invecchiato all’improvviso, una sorta di Dorian Gray senza specchio, ho pregato per lui, ho pregato per noi, ho pregato perché il Signore ci tenga a tutti una mano sulla testa e ci aiuti a diventare consapevoli della verità delle cose, a guardarci oltre la maschera che portiamo.

Arrivederci Fr. Pio: goditi, nella verità, l’abbraccio definitivo del Padre che hai sempre cercato.

Il ricordo accorato della nipote per il suo “gigante buono”, il ringraziamento di Fratel Alessandro Cacciotti, direttore del De Merode: “Ci hai lasciato troppo presto, sempre nel cuore resterà la tua testimonianza di bontà. Con te si stava bene, non ci si annoiava mai; grazie al tuo carattere aperto ed espansivo si poteva parlare di tutto, si poteva ridere, scherzare, dire battute intelligenti e stupide; sapevi vedere le sfumature; si potevano confidare le proprie preoccupazioni, condividere e discutere i problemi. Con te si poteva parlare non solo di scuola e di letteratura, di cui eri grande cultore, ma ci si poteva prendere in giro, in modo, come avresti detto tu “pirandelliano”, per le nostre fragilità umane, per qualche ingenua vanità e debolezza.

Nel tuo ruolo di Direttore ci vivevi bene, e lo hai fatto per così tanti anni! Sapevi nascondere la fatica e lo stress; ti sentivi realizzato, pur conservando il giusto disincanto per restare con i piedi per terra. Ci sapevi fare nei rapporti con le famiglie e i ragazzi, che da te sono stati cresciuti e amati e che perciò di te conservano una memoria indelebile e grata.
Non facevi pesare sugli altri i problemi di ogni giorno; il tuo ottimismo, che talvolta, sembrava ingenuo, si basava sulla convinzione che in tutti il lato buono sia quello preponderante. Il tuo rapporto sereno con la vita infondeva fiducia e tranquillità, perché tu avevi il dono della leggerezza, cioè la capacità di smontare con visioni positive anche situazioni e atteggiamenti pesanti.
Grazie Pio per l’intimità con cui spesso abbiamo condiviso la nostra vita. Mi mancherai moltissimo, ma spero che continuerai a farti sentire vicino a noi nella fatica di tutti i giorni”.

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